Il giardino pantesco. L’eterna e leale lotta tra l’uomo e la natura
Pantelleria è la perla nera, per le sue rocce vulcaniche. Ma è anche un’isola dalle mille sfumature di colore. Da un lato il mare, che ti circonda, dall’altra il verde della vegetazione spontanea. Il colore interrompe, a tratti, il nero dei numerosi muretti a secco che recintano le proprietà: il giallo degli alberelli di limoni e cedri, l’ arancione delle arance e dei mandarini.
Le opere murarie che caratterizzano questi giardini sono paragonabili a fortezze di forma circolare alte circa 4 metri con un diametro di circa 2,5 metri. Sono il simbolo dell’ingegno dell’uomo, che si ritaglia i suoi spazi, a dispetto della cura degli elementi. A Pantelleria le coltivazioni devono difendersi dal vento e dalla siccità. Quando l’economia dell’isola si basava esclusivamente sui prodotti della terra, l’intelligenza dell’uomo lo ha reso capace di adattarsi al clima e all’ambiente.
Una terra “difficile”, dalle caratteristiche particolari, ma comunque fertile, nonostante tutto.
Quasi in ogni proprietà, a fianco del dammuso, veniva creato il giardino pantesco, sicuramente di importazione araba, con lo scopo di trattenere l’umidità della notte al suo interno, durante periodi di lunga e soffocante siccità.
Questa mini-fortezza doveva difendere, principalmente, l’albero di agrumi che sovrano regna al suo interno, dai venti impetuosi che spesso soffiano sull’isola.
Gli alberi godono così di il microclima ideale. E producono frutti dolci e succosi, da cui “ricavare marmellate che oggi allietano la vista e il palato di quanti hanno la fortuna di vedere ed assaporare le loro qualità.”
A Pantelleria “la mano dell’uomo si è posata con maestria intelligente senza violentare mai quelle caratteristiche naturali per cui vale la pena di attraversare il suo territorio ed amarlo con tutta la forza che solo gli elementi della natura, hanno la facoltà di conferire all’animo.”
(tratto da http://www.viverepantelleria.it/il-giardino-pantesco-simbolo-del-rapporto-sacro-tra-l-uomo-e-la-natura.html, di Antonietta Valenza)